[22 febbraio – 20 aprile 2019 * giovedì, venerdì, sabato: 14 – 18]
Inaugurazione venerdì 22 febbraio, ore 18.30
Terry Atkinson, Olmo Erba, Valentina Furian,
Francisco Goya, Juan Ramón Jiménez, Edoardo Manzoni
L’asino chi è? C’è un libro che, secondo luogo_e, è una perfetta fotografia dell’asino, che lo ritrae in modo fedele, rendendogli giustizia oltre tutti i fraintendimenti della storia e della tradizione. Platero è piccolo, peloso, soave: così soffice di fuori che si direbbe tutto di cotone, senza ossa. Solo gli specchi di mica dei suoi occhi sono duri come due scarabei di vetro nero. […] è tenero e affettuoso come un bambino, una bambina…; ma secco e duro come una pietra. Con queste parole Juan Ramón Jiménez presenta al lettore Platero, l’asino dal manto argenteo a cui dedica una raccolta di ritratti in prosa. Il titolo che l’autore sceglie per questa antologia è Platero y yo (Platero e io, Passigli, 1998), un titolo che già rivela la natura della sua relazione con l’asino. Jiménez si lascia precedere dall’asino. Tratteggia un rapporto paritario, una compagnia reciproca che si dice amicizia.
Noi ci capiamo bene. Io lo lascio andare dove vuole e lui mi porta sempre dove voglio, dice di Platero il poeta. L’asino passeggia al suo fianco, ascolta le sue riflessioni, si fa specchio delle sue osservazioni. Jiménez gli chiede conferma di ciò che guarda, di ciò che pensa. Nel riverbero delle sue pupille vede ciò che i suoi di occhi non avevano trovato da sé. Platero mi porta contento, agile, volentieri. Si direbbe che non gli peso. Montiamo, come se fossimo in discesa, verso la collina, aggiunge.
E più luogo_e legge, più la descrizione dell’asino Platero gli sembra la definizione dell’artista-asino.
Una mostra sull’asino non è facile. Una mostra sull’asino è una metafora, dell’artista e del fare arte.
Di tutti i compiti che nella storia sono toccati all’asino, a luogo_e ne stanno a cuore tre: per tradizione, l’asino accompagna l’uomo, porta un carico, sopporta il peso di un lavoro e di una condizione che gli si pretendono connaturati. E tali facoltà dell’asino sono in fondo le stesse facoltà dell’artista da cui questa mostra-metafora nasce.
L’artista-asino accompagna lo spettatore, il pubblico, verso una meta.
L’artista-asino porta sulla groppa il peso di un senso, di un significato. Si fa veicolo.
L’artista-asino sopporta le ingiustizie e le contraddizioni della sua contemporaneità, del suo mondo.
Una mostra sull’asino non può che essere una mostra-asino, una mostra disillusa, ma capace di incantare. Una mostra sull’asino è una dichiarazione d’intenti, un manifesto, un auspicio: l’artista, quello che piace a luogo_e, ha da essere asino. Sensibile, umile, ma cocciuto, resistente. In questo senso una mostra sull’asino si fa scuola – scuola di pensiero, scuola d’arte.
Benvenuti a La facoltà dell’asino.
Nell’immagine in alto:
Progetto grafico realizzato in collaborazione con Barbara Boiocchi,
a partire da un disegno di Olmo Erba (Senza Titolo, inchiostro su carta, 29,7×21 cm, 2018)
La facoltà dell’asino, veduta dell’installazione
Juan Ramón Jiménez, Platero e io, Passigli Editori, 1998
Edoardo Manzoni, Adagio, 2019
installazione, acciaio e legno, 50 x100 x 40 cm
courtesy l’artista
La lentezza dell’asino, che ha una sua giustificazione nel carico che gli grava sulla groppa, può, se viaggiamo al suo fianco, ristorarci dalle fatiche del pensiero e del corpo. Solo chi va con l’asino (e asino, in un certo senso, diventa) può tributare il giusto elogio della lentezza.*
L’opera, riproducendo una versione artistica di un basto, strumento usato per caricare la groppa dell’asino, riflette sul peso che si affida all’animale. Nonostante gli ostacoli da aggirare, con cautela, l’asino raggiunge infine la meta, con lentezza e sicurezza. Per questo motivo, nei secoli molti viandanti l’hanno scelto come mezzo del loro peregrinare. Il basto dell’artista è un augurio, affinché il viaggio sia lento e ponderato, capace di cogliere la complessità del paesaggio.
* F. Rigotti, G. Pulina, Asini e filosofi, Novara, Interlinea, 2010, p. 50
Francisco Goya, Asta su Abuelo (Capricho 39), 1799 ca.
acquatinta, VIII edizione realizzata dalla Calcografia per la Real Academia di Madrid (1905 -1907) in una tiratura di 180 esemplari, lastra 21,5 x15 cm. Bibliografia: Tomas Harris, Goya. Engravings and Lithographs II, n. 74
courtesy galleria Il Bulino Antiche Stampe
Un asino che prende la parola si redime dalla sua presunta asinità, nell’accezione negativa che le è stata spesso attribuita. L’asino di Goya è un asino in giacca e pantaloni, che imita la postura umana e ci parla dell’asinità come di un fattore che ci riguarda. Sembra indicarci la secolare attitudine asinina dei suoi avi. Tale asinità è la scoperta di una condizione nuova, possibile perfino per l’umano che, come l’asino si fa uomo, può a sua volta farsi asino.
Cosa trarre dalla lezione dell’asino di Goya? L’alfabeto dell’asino, i nuovi gesti da imparare, la testardaggine e la lentezza proprie del pensiero.
Juan Ramón Jiménez, Platero e io (capitolo CXXV, La favola), 1914 -16
edizione speciale UTET, per concessione del Club degli Editori su licenza della Ugo Guanda Editore, della Vallecchi Editore S.p.A. e degli eredi di Juan Ramón Jiménez, Milano, Club degli Editori,1967
La facoltà dell’asino ha adottato come testo di riferimento una raccolta di racconti che ha per protagonista Platero, l’asino del poeta spagnolo Juan Ramón Jiménez (1881-1958), Premio Nobel per la letteratura nel 1956. Platero y yo esce per la prima volta, in versione ridotta, nel 1914. Una seconda versione, completa di tutti i centotrentotto racconti, appare nel 1916.
Tra le edizioni italiane disponibili luogo_e ha scelto come libro ufficiale per accompagnare la mostra quella uscita nel 1998 per Passigli Editori, a cura di Carlo Bo, con una selezione di sessantotto racconti più una dedica finale a Platero. Tra le opere in mostra espone però questa edizione completa di tutti i racconti, uscita nel 1967 per UTET. Il frammento CXXV, La favola – assente nell’edizione Passigli – è quello su cui si richiama l’attenzione dell’osservatore.
Contro la semplificazione dell’animale parlante parole, luogo_e eleva a inno dell’asino la scrittura poetica di Jiménez, con l’augurio che l’asino continui a parlare la sua lingua.
Valentina Furian, Presente, 2018
video, Full HD, colore, muto, 4’00’’
courtesy l’artista
L’asino bianco è mimetico rispetto allo spazio in cui si muove: un classico white cube nel museo MAMbo di Bologna, una sala espositiva convenzionale in fase di allestimento. Le opere sono assenti, sembra che all’asino sia concessa un’anteprima cieca. L’asino bianco si staglia sul bianco, ma è impossibile non distinguerlo dal suo contenitore. L’animalità infatti contrasta con la produzione culturale umana, la sua presenza dialoga con lo spazio, è alchemica, contagia i muri imbiancati.
Se l’asino è il visitatore, ci suggerisce come si dovrebbe presenziare: è ingombrante, respira, appanna i vetri, odora. Se l’asino è l’opera, l’opera è viva.
Olmo Erba, Senza Titolo, 2018
inchiostro su carta, 54,5 x 56,5 cm
courtesy l’artista
È da questo disegno che luogo_e ha preso spunto per la mostra La facoltà dell’asino.
Il cappello di cartone con le orecchie dell’animale, usato in un passato piuttosto recente nelle scuole come forma di umiliazione per lo studente inetto, viene riabilitato attraverso l’addizione di una corona d’alloro, simbolo storico del trionfo. La corona d’alloro è anche il simbolo del laureato che ha concluso con successo il suo percorso di studi. Così La facoltà dell’asino ci suggerisce una nuova e auspicata specializzazione: il trionfo dell’asinità, in tutta la sua bellezza. La costanza, la testardaggine, la cautela nell’avanzare su un terreno incerto, ma anche il coraggio di arrivare fino alla destinazione, sopportando il carico e la fatica.
Terry Atkinson, American Civil War: Study 31 – Welcome to Charleston! Two time-travelling Goyaesques mislaid and mistimed on their way back to the Quinta del Sordo, find themselves hovering on the approaches to Charleston, February 1865. On the left, Burro Ghost No. 6, on the right, one of the realized ghosts formed from a figure from Capricho 49, 2019
matita e matite colorate su carta, 50,5 x 70,2 cm
courtesy Galleria SIX
Sono numerose le opere di Terry Atkinson in cui compaiono riferimenti espliciti all’immaginario e alla poetica di Francisco Goya. Nel disegno esposto si vedono due figure “goyesche”: un “asino fantasma” e uno spiritello dichiaratamente ispirato al Capriccio 49. Atkinson le estrapola dal loro contesto originale. Come si legge nel titolo, i due soggetti si ritrovano “persi e nel momento sbagliato”, spostati nel tempo, durante l’attacco finale da parte delle forze unioniste al porto di Charleston, roccaforte dei secessionisti durante la guerra civile americana (1861-1865). Secondo le parole dell’artista, i due personaggi sono di ritorno a Quinta del Sordo, una delle case di Goya, nota per aver ospitato le Pinturas negras prima della sua demolizione avvenuta nel 1910.