La mostra Ci dipingono ciechi (11 febbraio – 16 aprile 2022), come l’ambiguità del titolo suggerisce, tratta il tema dell’impossibilità – fisica o intellettuale – a vedere o a esser visti. “Dicono di noi che siamo ciechi”, si potrebbe parafrasare il titolo, o ancora “dei ciechi ci dipingono, fanno il nostro ritratto”. E il libro scelto per accompagnare questa mostra racchiude e rappresenta tale ambiguità e pluralità di letture.
Nel 1568 Pieter Bruegel il Vecchio (1525/30 ca.-1569) dipinge La parabola dei ciechi, traducendo in immagine l’episodio del Vangelo secondo Matteo in cui Cristo, riferendosi ai farisei, pronuncia la famosa frase “Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso.”
Nel 1985 lo scrittore tedesco Gert Hofmann guardando il dipinto immagina il cieco peregrinare dei sei soggetti, con le loro peripezie. Nel libro gli sventurati sono intenti a trovare la via per raggiungere la casa del pittore che dovrà ritrarli nell’atto di cadere. Ne deriva un racconto amaro in cui ogni punto di riferimento svanisce, ma permane nei protagonisti la fede nell’immagine, nell’opera del pittore, in quel ritratto di sé che nessuno di loro potrà mai vedere.
Nell’immagine:
Gert Hofmann, La parabola dei ciechi (1985), Racconti edizioni, collana Scarafaggi, Roma, 2019