La mostra Il peso della madre nasce dal desiderio di affrontare il tema del rapporto madre-figlio secondo strategie di lettura non convenzionali. L’ambizione è quella di creare un ritratto del ruolo-madre che non sia edulcorato o idealizzato, ingabbiato negli stereotipi che ancora aleggiano nella sua definizione.
Il titolo Il peso della madre chiarisce fin da subito il taglio della mostra, il punto di vista di questa narrazione: si vuole porre l’attenzione sul peso della madre (e in generale di ogni forza generatrice), che ricade sulle spalle del figlio. Il peso che il figlio si ritrova a sorreggere per la vita intera ha però, bisogna sottolinearlo, valenza egualmente positiva o negativa. Il peso è pesantezza, gravità, zavorra, fardello, preoccupazione, onere e dovere. Eppure è al tempo stesso rilievo, valore, importanza, influenza.
Questa duplice valenza del peso è tutta contenuta nel romanzo di Inès Cagnati, dai diversi cenni autobiografici. In Génie la matta, pubblicato per la prima volta in Francia nel 1976, una donna ormai cresciuta ricorda e racconta una vita di tentativi falliti. Tentativi di costruire un rapporto affettivo con una madre anaffettiva, tentativi di catturare l’attenzione di una madre diventata tale a seguito di una violenza subita in giovane età.
Un libro commovente, in cui sforzi e fallimenti sono raccontati da una figlia mai amata esplicitamente, che tuttavia ritrae la madre senza rancore, senza rabbia, solo con nostalgia, affetto e poetica indulgenza.
Nell’immagine:
Inès Cagnati, Génie la matta (1976), Adelphi Edizioni, traduzione di Ena Marchi, Milano, 2022