(_e visti altrove)
Il testo che segue è una riflessione di Luciano Passoni, nata dall’incontro di luogo_e con l’artista Ilaria Sponda, con il suo libro d’artista Rebirth. Back Into The Womb, Back To Where We Come From (2020) e in particolare con le due fotografie riportate in questo articolo.
Si trova nelle fotografie di Ilaria Sponda il vero senso che oggi può avere un lavoro che guarda alla tradizione della natura morta. “Natura morta” come giustamente diciamo noi neolatini, di tradizione culturale cattolica, contro il concetto di “still life” (ancora vivo) delle culture nordiche e protestanti. La natura è natura quando vive, cresce, si sviluppa e fruttifica. Se questo processo è interrotto, la natura muore. Una bellissima ciotola di ciliegie di Giovanna Garzoni è l’atto conclusivo non del ciliegio che continuerà a vivere, ma del suo frutto che avrà presto fine. È la vita che fu, il frutto staccato dall’albero: è già non più frutto, ma consumo. E se la parabola del vivente aveva ancora un andamento naturale nei quadri della tradizione, oggi riproporla senza criticarla sarebbe una mistificazione. Oggi, come nel lavoro di I., il frutto ha perso la sua forma, non è più testimonianza di un ciò che fu (pianta, fiore, quindi frutto), ma è residuo di ciò che è diventato: consumo, putrefazione e rifiuto. La mela di I. a malapena la riconosciamo, sbranata e sbrindellata com’è. È, in realtà, la testimonianza della famelica distruzione in atto, di un attacco onnivoro e spropositato alle ricche dolcezze del creato. Niente più è dato come creato, tutto si evidenzia come distrutto. Ed è una distruzione che lacrima e sangueggia. Come la polpa (carne) della mela messa a nudo dai morsi famelici, tanto da assumere il colorito rossastro dei tessuti animali. Quello che abbiamo di fronte non è più una mela senza un boccone, anzi è l’avanzo di un boccone. È l’inverso del logo della Apple: non più una mela senza un morso, ma un morso senza la mela. Questo è quello che abbiamo di fronte, tale è la mistificazione di certe ideologie in atto. Ma in questo boccone informe noi testardamente vogliamo riconoscere una mela, ciò che è stata, una cosa viva, una cosa buona, un frutto del lavoro e un dono della natura. La riconosciamo da un brandello di buccia (di pelle), dai sepali (ombelico) in cui, ancora per un attimo, si rispecchia la luce di una finestra del nostro mondo, ultimo segnale luminoso, ultima lucciola, di ciò che oggi è già una natura morta.
Nelle immagini:
Ilaria Sponda, The Apple Doesn’t Fall Far From The Tree, dal libro d’artista Rebirth. Back Into The Womb, Back To Where We Come From, Milano, 2020
Ilaria Sponda (Milano, 1998)
Studentessa di Arti, Spettacolo ed Eventi Culturali all’Università IULM di Milano, si dedica alla danza classica, moderna e contemporanea e vive da sotto i palchi la sua passione per la musica underground, scrivendone e collaborando con gli artisti della scena. La sua espressione fotografica è in tensione continua tra la ricerca del dettaglio e l’astrazione, tra la saturazione e lo sfalsamento dei colori e la pura rappresentazione della fragilità e delicatezza umana e naturale. Mostre collettive a cui ha partecipato: Amor Vacui, Looking for Art, Milano; Of Yourself First and Only, Chippendale Studio, Milano; The Dissolution of Compactness of Things, Spazio GIACOMQ, Bergamo; Still (Sea)Life, Millepiani, Roma; Halfway between Wasteland and Wonderland, Chi Ama Milano, Milano; Amor Vacui. The Final Cut, Spazio Galileo, Milano.
Luciano Passoni
Di formazione artistica, ex insegnante, ex libraio.
Oggi attivo in luogo_e.